Mission in Conflict Zones and Healing

1. La mia ‘storia’ non è solo due anni di sequestro…

Sono missionario della S.M.A. (Società Missioni Africane nata nel 1856 per l’annuncio del vangelo in Africa) e per 21 anni ho servito in Africa Occidentale (Costa d’Avorio e Niger). Il mio impegno missionario ha sempre avuto come focus il servizio alla vita. Missione per me è servire la vita e testimoniare il Dio della vita. Per questo ho sempre messo insieme Vangelo & Promozione Umana.

La Buona Notizia/Parola di Dio si è fatta carne e questo ha motivato le tante iniziative d’impegno sociale che mi hanno sempre caratterizzato. La mia pastorale sociale si è sempre articolata in 3 aree: Salute + Scuola + Sviluppo. Cioè curare la vita malata (salute), offrire un futuro ai ragazzi (scuola) e permettere alla gente di mettersi in piedi (sviluppo).

 

·       Salute = Mi son interessato alla realizzazione di Pozzi, Maternità, Centro Nutrizionale x malnutriti e orfani dalla nascita, la cura di persone con handicap e la missione di Bomoanga assicurava anche un Deposito-Farmacia per la popolazione.

·  Scuola = Assicuravo delle borse di studio a famiglie che non potevano permettere la scuola ai loro figli, organizzato corsi di Alfabetizzazione per adulti e in particolare donne. Sognavo iniziare anche un liceo agricolo a Bomoanga…..

 

· Sviluppo = Settimane di formazione per gli agricoltori (nuove tecniche come l’uso dell’aratro) e avvio al lavoro per giovani apprendisti (petit métiers). Imparare a gestire il cambiamento climatico e la penuria delle piogge (cfr miglio rapido).

Ma… tutto si è interrotto quel 17 settembre 2018.

  1. Nel mio libro ‘catene di libertà’ racconto di questo mio sequestro (e del mio viaggio interiore)

di cui alcune date significative:

  • 17 sett. 2018… rapimento
  • 5 ottobre 2018 … catene
  • 28 ottobre 2028 = 1° video e poi Sahara x 6 mesi solo… poi la compagnia di Luca e di Nicola
  • 14 settembre 2019 …catene ogni notte (dal

tramonto all’alba).

  • 5 febb.2020… speranza di liberazione
  • 11 settembre 2020 = ultimo video
  • 8 ott. 2020 = liberazione.

È stata una sventura che mi ha sorpreso e che mi ha segnato profondamente, ma mi ha anche insegnato altro: sulla preghiera, sulla missione, sulla mia fede… un andare all’essenziale.

2.1 – Missionario in catene: la mia preghiera sprovvista della mia biblioteca di libri (breviario, Bibbia, messa…) si è arricchita della preghiera delle lacrime e della preghiera del cuore. Quando mi hanno incatenato (il 5 ott. 2018, mi hanno messo una catena alla caviglia e l’altro capo a un albero e per 22 giorni consecutivi vi sono rimasto incatenato), ho pianto tutto il mio sconforto e ho gridato a Dio i miei tanti perché: perché mi hai abbandonato? Fino a quando Signore ti dimenticherai di me? Signore vieni presto in mio aiuto…

Mi hanno portato nel deserto di dune di sabbia e per un anno intero il Sahara è stata la mia prigione a cielo aperto; ho solo ottenuto che mi togliessero le catene. Ma ho ritrovato le catene ancora il 14/10/2019 dopo che un ostaggio aveva tentato la fuga di notte e da allora ho avuto le catene ai piedi tutte le notti, fino alla liberazione e… vi posso assicurare che le catene sono molto scomode.

Ma, anche se vi può sembrare paradossale, le catene hanno aperto il mio spazio libero. Mi son detto: “Se i miei piedi sono incatenati il mio cuore no.” Ho pregato per le periferie del mondo come la piccola Teresa di Lisieux e ho capito (stando in catene) quanto diceva il fondatore della SMA: ‘essere missionario dal profondo del cuore’. La preghiera del cuore è stato il mio spazio libero. La mia preghiera de cuore intreccia (ancora oggi) questi 3 verbi: respirare Dio, parlare con Dio e amare come Dio.

Respirare Dio – Ogni mattino respiravo profondamente vita, al levar del sole, …mi dicevo Gigi resisti (la prima volta fu il 28 ott. 2018 quando mi hanno fatto il 1° video) … cioè R-ESISTI = esisti giorno dopo giorno.

Parlare con Dio – non usavo formule ma vivevo un cuore a cuore con Dio: presentavo volti/persone e situazioni e il mio desiderio di pace… e pregavo per i persecutori della pace.

Amare come Dio – Simone Weil, mi presta le parole x esprimere quanto ho intuito, nel libro Attesa di Dio lei scrive: ‘Nella sventura Dio è assente… ma è proprio lì che l’anima fedele ama come Dio, cioè a vuoto, e percepisce l’oltre di Dio che ama gratuitamente sempre’. Io non ho fatto niente, assolutamente niente per oltre 2 anni, ho pregato e amato-a-vuoto. Preghiera ritmata dal rosario di stoffa e dalla sequenza di pentecoste allo Spirito Santo. Maria e lo SpS sono stati i miei compagni nella prigionia.

La preghiera (il mio rosario di stoffa) è stata il mio link di comunione con Dio e col mondo. La preghiera per me oggi è disobbedire alla solitudine! Quel deserto mi ha permesso di scoprire l’essenziale. In quella privazione e aridità spirituale ho visto che l’essenziale per una vita piena è la RELAZIONE.

Durante la mia prigionia la mia più grande sete/sofferenza era non poter comunicare con famiglia/comunità. Sentivo in me come un ‘dolore fisico’ al pensiero che questa sventura procurava alla mia famiglia tanto dolore. Ho sofferto tante incomodità: sempre all’aperto, dormire su una stuoia e mangiare le solite cose e bere acqua al sapore di benzina… ma le cose di cui ero privato non mi pesavano tanto quanto il non poter comunicare. Siamo relazione. Ciò che sta al cuore dell’esperienza umana ed è vitale è la comunione d’Amore e la Libertà. Queste mi mancavano!

In quella solitudine ho capito (e avuto conferma) che l’essenziale della missione è umanizzare le relazioni. Nei miei anni di missione in Niger la mia pastorale è sempre stata ispirata a questo adagio di P. François Varillon (gesuita francese): “ciò che l’uomo umanizza, Dio divinizza”. Ho applicato questo principio anche con i mujahiddins: curando la piaga al polpaccio di uno di loro, alleviando il mal di denti di Abdul Haq, insegnando a contare in francese ad Abel Nour… e piano piano ho compreso che i veri ostaggi erano loro.

Sono convinto che l’essenziale nei conflitti è il dialogo e l’incontro, mai lo scontro. Le guerre non risolvono i conflitti. Con fatica/pazienza e soprattutto provocato dalla parola di Gesù “amate i vostri nemici” ho scelto di perdonare. Non porto odio/rancore in me, mi sento in pace. L’ho anche esplicitamente detto ad Abu Naser il giorno della mia liberazione (8 ott. 2020): “che Dio ci dia di comprendere un giorno che siamo tutti fratelli”. Gli ho offerto la mia fraternità umana. Sono convinto che solo il perdono e la mano tesa di fraternità creano il ponte della pace.

2.2 – Fare l’essenziale: è cambiata la pretesa di salvare il mondo a partire da quel che si fa. Per 2 anni non ho fatto niente e credevo che mi avessero rubato 2 anni di missione attiva e positiva, ma mi sono reso conto (al mio ritorno) che quei 2 anni inutili son stati i più fecondi di tutti i miei anni di ministero attivo = Missio Dei!

Questa esperienza mi ha permesso di fare sintesi tra le 2 dimensioni della missione: ho compreso il nesso forte tra il valore missionario dei contemplativi e il valore contemplativo dei missionari.

Non rinnego il valore ‘fattivo’ della missione che si esprime con ospedali, scuole, attività di sviluppo (con cui traduciamo la compassione di Cristo che tocca e guarisce), ma dopo questo mio tempo di deserto credo importante ripartire dall’essenziale: che articolo in fare-silenzio, fare-spazio, fare-insieme.  Il nostro è un tempo di crisi/passaggio epocale, ma è certamente una grande opportunità per andare in profondità e all’essenziale.

1. Fare silenzio: La Missione è di Dio (Missio Dei). Nel mio deserto ho scoperto che Dio è silenzio, che il silenzio è la comunicazione di Dio e che la preghiera è armonia di due silenzi. Ripartire allora da: meno ritualità e più spiritualità. Già gli apostoli avevano fatto questa scelta: “noi ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della parola” (At 6,5).

2. Fare spazio: essere Chiesa aperta e accogliente a tutti (quanto le ripete il papa). L’immagine della shekina (tenda) traduce bene la Chiesa in uscita. Ne ho viste di tende tra i tuareg del deserto: sono tetto senza mura e c’è posto per tutti. Non muri e filo spinato, ma comunità accoglienti.

3. Fare insieme: promuovere le competenze e le collaborazioni di ciascuno. Essere Chiesa che “valorizza l’ascolto” (cfr pastorale della stuoia), l’incontro e il dialogo. Siamo interconnessi, lavorare insieme (=corresponsabilità: laici-religiosi-giovani- famiglie) …

2.3 – La mia conversione: il Dio che mi è stato accanto, è il Dio della croce. Come lui ero sconfitto e confitto (impotente) sulla croce del sequestro, ma questa posizione scomoda ha trasformato questa mia sventura e il male che ho patito in una comprensione altra della fede. Sì, Dio è impotente, la sua è solo la potenza dell’Amore. Dio non à altro che Amore.

Dio non è onnipotente (è questa una categoria ambigua). L’onnipotenza di Dio è l’onnipotenza dell’amore: è l’amore che è onnipotente! Talvolta si dice: Dio può tutto! No, Dio non può tutto, Dio può soltanto ciò che l’amore può, perché egli non è altro che amore. E tutte le volte che usciamo dalla sfera dell’amore ci inganniamo su Dio e stiamo costruendo qualche Giove. Questa la mia conversione dell’immagine di Dio.

Dio-Amore è impotente davanti alla libertà che rispetta sempre anche quando rifiuta il suo amore. Gesù in croce è vittima innocente di malfattori (= persone che gli fanno del male). Lui incassa il male e ne rimane annientato (muore); può solo trasformarlo in amore (perdona-loro). La croce ci mostra il vero volto di Dio che non è altro che Amore. Dio non trasforma il male in bene (scorretto dirlo perché il male resta tale), ma lo trasforma in amore. Questa è la novità cristiana. Dio è disarmato, Dio è impotente davanti alla libertà di chi opera il male. Dio opera solo con la forza dell’amore che attira a sé: “quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me” (Gv 12,32).

 

Gesù è il mio riferimento. Dio lo vedo con gli occhi di Gesù di Nazareth. Dio è come Gesù = ama come Gesù, si dona come Gesù, condivide la nostra vita e muore come Gesù. ‘Dio nessuno l’ha mai visto, il figlio che è nel seno del Padre ce lo ha rivelato’, così si esprime il prologo di Gv 1,18. Il mio Dio è come Gesù.

3.  Le mie convinzioni maturate dopo questo sequestro: Abitare il conflitto – Coltivare la dimensione contemplativa che sposa la solidarietà con gli innocenti della storia – Andare all’essenziale

3.1. Abitare il confitto

La vita è conflitto: non esiste vita senza un’opposizione. Tutta la vita è conflittuale (compresenza di + e -). Ex: la relazione figli-genitori (e tra fratelli); il rapporto insegnante-alunni; datore di lavoro e operai… e così nello sport, in amore/amicizie, con il creato (ambiente/clima). Chi non sa gestire il conflitto è destinato a non-vivere, a maggior ragione un missionario/a. La missione (sempre) è un andare come pecore tra lupi…

Parlare di conflitto non è sinonimo di guerra: la guerra prevede l’eliminazione del nemico, vince chi uccide = massacra. Mentre il conflitto non richiede affatto l’eliminazione dell’altro (cfr marito-moglie, adolescente-genitore, col vicino di casa).

Non bisogna aver paura dei conflitti, bisogna temere la violenza e la guerra e imparare a disarmarla. Da ex-ostaggio e da uomo libero dico e ripeto: disarmiamo la parola! La parola è la scintilla che incendia ogni conflitto. Dalla parola si passa alle mani, ai pugni e se queste mani sono armate si arriva all’omicidio o femminicidio o alla guerra. Disarmiamo la parola per disarmare lo sguardo e imparare a vederci non da nemici ma da fratelli (almeno da esseri umani). Disarmiamo la parola per disarmare il cuore e imparare ad accogliere tutti.

3.2 Preghiera e Solidarietà con il dolore

      innocente da contemplattivi: stuoia e

      grembiule

Il primo vescovo di Niamey (Hippolyte Berlier) parlava della pastorale della stuoia. Stare-con, ascoltare e imparare la lingua locale. In altre parole significa: con-dividere, con-solare, con-patire, comunione, con-tatto… vivere la solidarietà con gli ultimi e con i più abbandonati.

Il vescovo di Molfetta (Don Tonino Bello) ha scritto che l’habitus del presbitero è la stola e il grembiule che fa di lui un contemplativo ossia un uomo di preghiera e di servizio… (lo prendo come paradigma estendibile a tutti i missionari/e). (Circa il dolore innocente rimando al capitolo 3 del mio libro Liberate la Pace).

3.3 L’essenziale (per me) è testimoniare la

      nonviolenza & liberare la pace 

Queste due parole sono l’orizzonte del mio impegno che nasce da questa mia sventura di ostaggio di guerra. Per me oggi è forte la centralità di Mt 5-7 in cui vedo il cuore del vangelo e del regno di Dio annunciato da Gesù. Nonviolenza e Pace è la quintessenza dell’annuncio della Lieta Notizia.

Concludo con quanto ho scritto a Papa Francesco… a fine febbraio scorso.

Caro Papa Francesco,

Ho scritto questo mio libro ‘Liberate la Pace’ come eco al tuo invito a guardare la guerra con gli occhi delle vittime (cfr. F.T. n° 261). Sono stato sequestrato per oltre due anni nel Sahel e questa sventura ha maturato riflessioni e considerazioni sull’urgenza oggi di Liberare la Pace.

La guerra mi ha inghiottito mentre ero missionario a Bomoanga in Niger. Ho sofferto prigionia e catene per oltre 2 anni, ma soprattutto ho visto la ‘bruttezza e l’insensatezza’ della guerra nel Sahel e che la violenza non produce mai la pace. Ho pregato, ho pianto, ho perdonato… e oggi sono in pace.

La terza guerra mondiale a pezzi a cui assistiamo impotenti, mi conferma che è urgente oggi dire una parola forte sulla Pace. Sogno e spero di leggere, un giorno, in una enciclica papale, una dichiarazione forte che abolisca la guerra senza se e senza ma. È tempo di liberare la Chiesa e i cristiani dalla confusione del credere in altri poteri che non siano la logica dell’amore, del perdono e della nonviolenza. (…)

Attendo e spero una parola forte e chiara sulla PACE togliendo tutte le ambiguità del caso… di chi vuole ancora salvaguardare la guerra giusta o di difesa. Io sono con don Primo Mazzolari, che profeticamente diceva nel suo libro ‘Tu non uccidere’ (1957) «Ogni guerra è fratricidio, oltraggio a Dio e all’uomo. O si condannano tutte le guerre, o si accettano tutte. Basta un’eccezione per lasciar passare tutti i crimini».

Io intanto mi ci impegno in prima persona…

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